Dopo molti anni di silenzio e di colpevole dimenticanza da una parte consistente dell'opinione pubblica nazionale, finalmente la tragica vicenda delle foibe è stata riportata alla luce anche per merito di un volume pubblicato in questi giorni da Guido Rumici, docente goriziano che da diversi anni si dedica alla ricerca ed alla divulgazione della storia della Venezia Giulia, dell'Istria, di Fiume e dalla Dalmazia.
Il libro, pubblicato da Mursia Editore, si intitola “Infoibati” e racconta, per la prima volta in modo completo, l'intera vicenda delle foibe descrivendo nei particolari tutti i fatti inerenti questa tragica pagina della storia italiana. Gli anni della guerra, l'armistizio, la prima occupazione dell'Istria da parte dei partigiani di Tito, la prima ondata di violenze compiuta dagli slavi nel settembre-ottobre 1943, l'arrivo dei tedeschi, il 1944, l'inverno del 1945, la fine della guerra e gli eccidi e le stragi per mano jugoslava del 1945 e del periodo successivo (fino almeno al 1949), vengono descritti minuziosamente, con una ricostruzione precisa di tutti i singoli episodi.
Il quadro che il prof. Guido Rumici delinea si fa chiaro nella spiegazione e nell'interpretazione delle violenze perpetrate dai partigiani di Tito: si trattò infatti di un disegno studiato nei minimi particolari dai vertici slavi per eliminare tutti i possibili oppositori al progetto di annessione dell'intera Venezia Giulia alla nuova Jugoslavia comunista. Chiunque si fosse opposto, anche in modo passivo, a questo progetto avrebbe dovuto essere schiacciato. In tal modo si spiegano le deportazioni di migliaia di persone, arrestate spesso di notte nelle loro abitazioni, e deportate verso ignota destinazione, verso luoghi dai quali non sarebbero più ritornate.
Rumici descrive le varie modalità di uccisione, puntualizzando che non tutti gli sventurati furono effettivamente gettati nelle foibe, molti vennero fucilati e gettati nelle cave o in mare. Altri furono uccisi durante il tragitto verso i campi di concentramento o durante la lunga permanenza nel lager di Tito, nei quali molti finirono i loro giorni per le sevizie, le malattie, la fame e lo sfinimento.
La tragedia riguardò non solo l'Istria, Fiume e la Dalmazia, ma pure Gorizia e Trieste (dalle quali, nel 1945, furono prelevate migliaia di persone) e le altre località della Venezia Giulia.
Di assoluto rilievo sono le testimonianze raccolte dal prof. Rumici tra i parenti delle vittime: le storie raccontate, una decina, servono a descrivere le paure, le sofferenze, le speranze, le attese e le angosce di chi a lungo, invano, cercò di raccogliere notizie sui propri cari.
I nomi citati, sia tra gli scomparsi, sia tra i sopravvissuti, sia tra i protagonisti di questa tragedia sono numerosissimi e danno finalmente il volto a tante persone ingiustamente dimenticate dalla “storia ufficiale”.
Notevole la documentazione fotografica (oltre 70 immagini) e gli allegati tratti dagli archivi: spesso si tratta di documenti inediti di fonte inglese, slava e del Ministero degli Affari Esteri. Significativa è la dichiarazione fatta da un detenuto italiano liberato dalle prigioni jugoslave nel 1950, che testimonia l'esistenza in vita, ancora nel febbraio 1950, di esponenti di spicco della società giuliana dell'epoca, come il preside della provincia di Gorizia e vice podestà del capoluogo isontino, Gino Morassi. La Jugoslavia detenne in carcere, in modo del tutto arbitrario e in spregio ad ogni convenzione internazionale, cittadini italiani per lunghissimo tempo, comportandosi in maniera del tutto illegale ed arbitraria, fino a farli poi sparire nel nulla, senza mai dare alcuna spiegazione della loro scomparsa.
Più in generale tutti gli arresti, le deportazioni, le uccisioni, gli infoibamenti furono atti di criminale violenza con cui si cercò anche di eliminare la presenza italiana in quei territori che i partigiani comunisti e la relativa polizia segreta (l'OZNA), assieme ai fiancheggiatori locali, vollero annettere alla Jugoslavia di Tito.
“Infoibati” è un volume nato con il preciso intento di divulgare presso il grande pubblico, con un linguaggio semplice e lineare, una pagina dolorosa della storia d'Italia rimasta troppo a lungo celata sotto una coltre di silenzio. Per tale motivo andrebbe diffuso e letto anche, ma non solo, dalle giovani generazioni, magari nelle scuole, per contribuire a far conoscere e capire i motivi che spinsero oltre trecentomila persone a lasciare le proprie case ed i propri beni per fuggire ad un regime, quello di Tito, che venne immediatamente percepito come ostile e pericoloso da buona parte degli Italiani del confine orientale.
Rossella Rizzatto